Il legame di Steve Rothery con l’Italia verrà rafforzato
ulteriormente dal suo unico concerto nel nostro Paese per il 2018,
ospitato in un posto degno di tale affetto: il Teatro Dal Verme. La
formazione che lo supporta è ormai rodata e in grado di
esprimere il “magico” suono che quei leggendari brani meritano…
suono sospeso tra gli anni 80, in cui furono composti, e il
presente, dove le capacità tecniche di Steve sono aumentate col
trascorrere del tempo; non a caso Rothery è oggi considerato uno
dei migliori chitarristi a livello internazionale. D’altronde Steve può
raccontare la storia dei Marillion in modo profondo perché a quei
brani ha donato l’anima, visto che la sua mano di compositore è
ben evidente.
I musicisti, tranne Jakubski, sono quelli che hanno già
impreziosito gli album LIVE IN PLOVDIV (2013, tranne Romano),
LIVE IN ROME (2014) e THE GHOSTS OF PRIPYAT (2014). In
quest’ultimo, splendido suo primo album solista in studio, sono
inclusi due cavalli di battaglia live: Orpheus e The Old Man And
The Sea, dove partecipano Steve Hackett, ex Genesis, su
entrambe e nella seconda Steven Wilson, anima dei Porcupine
Tree e oggi artista di punta del Prog 2.0 (che aveva già incrociato
i Marillion per MARILLION.COM e MARBLES, poi nel 2017 ha
curato l’edizione del remissata di MISPLACED CHILDHOOD). Lo
stile chitarristico di Rothery, tecnico ma passionale, è
immediatamente riconoscibile, grazie anche alla cura con cui
ricerca la perfezione delle sonorità, come afferma lui stesso:
“Oggi ci sono due approcci che mi piacciono, quello vintage
classico e quello delle nuove tecnologie, che permettono,
soprattutto miscelandoli, di avere la più ampia libertà di esprimere
le idee impossibili da rendere in altro modo. Amo il lavoro di
Steven Wilson, penso che sia uno dei più importanti
artisti/produttori attuali”.
Il concerto sarà diviso in due parti, vista anche la notevole durata,
e permetterà all’ascoltatore di entrare profondamente nelle
emozioni espresse dalla musica.
Momenti musicali secondo Steve
1) MISPLACED CHILDHOOD: l’album che trasformò i Marillion in
autentiche rockstar, grazie anche ad alcuni fortunato singoli
contenuti, supportati da video seguitissimi: Kayleigh, Lavender e
Heart of Lothian. In studio la band fu supportata da Chris Kimsey,
produttore e tecnico del suono per ELP, Killing Joke, Ten Years
After, Rory Gallagher. Ancora oggi è considerato un capolavoro
del rock.
Ricorda Steve: “Prima di Kayleigh detenevamo il record di gruppo
che era stato più volte a Top of the Pops, ma che aveva visto i
propri singoli scendere sempre di più in classifica. Dopo Kayleigh
ci portavano a Top of the Pops in jet, ovunque fossimo, solo per
suonare questa canzone. Con MISPLACED CILDHOOD cambiò
davvero tutto. Quasi come se fosse giunto il momento di quadrare
il cerchio. La nostra musica, senza snaturarla minimamente
piaceva a tanti”.
2) I “miei” chitarristi...
“Steve Hacket è una delle mie ispirazioni principali e il suo stile
ancora esce fuori in alcuni aspetti del mio modo di suonare. Mi
piacerebbe molto collaborare con Kate Bush. Poi amo i chitarristi
che hanno profondo emozioni da esprimere, alcuni, purtroppo,
ormai scomparsi: Jimi Hendrix, Jeff Beck, George Harrison, David
Gilmour, Andy Latimer (Camel), Larry Carlton, Mark Knopfler,
Carlos Santana (primi album), Allan Holdsworth (Soft Machine,
Gong). Un posto spetta a Dave Foster con cui divido il palco in
questa formazione.
3) Il rock oggi ha un senso?
Certamente. Credo sia l'antidoto perfetto alla più sdolcinata
musica pop-dance o a quanto siamo costretti ad ascoltare alla
radio nella maggior parte del tempo.
4) L’anima di Steve in una chitarra
Ho sempre ricercato più la melodia e l’atmosfera che la velocità
fine a se stessa. Credo che la chitarra possa essere uno
strumento molto espressivo, secondo solo alla voce umana;
cerco di creare assoli “importanti” e di suonare solo ciò di cui la
canzone ha bisogno… niente di meno ma nulla di più, l’equilibrio
ha troppa importanza, il mio strumento deve essere in relazione
al resto del suono complessivo del gruppo. È stato divertente,
proprio per questo motivo, registrare il mio album solista, in cui la
chitarra è “davanti” per tutto il tempo ma senza stravolgere troppo
il gusto per l’atmosfera generale di ogni brano. Quando hai più
esperienza riesci a capire chiaramente come trovare il modo
giusto per avvicinarsi alla composizione, come eseguirla sia in
studio che sul palco. Ho sentito troppi musicisti suonare sempre
le stesse vecchie frasi di chitarra senza mai cambiare nulla.
Questo non lo sopporto.
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